"...un'avventura da capogiro... uno stile eccellente... una via diversa, originale, che propone nuove sperimentazioni per uscire dalla perdurante crisi di idee della narrativa." Paola Maccaglia, giornalista, insegnante di lettere, Jolly Hôtel, Salone Partenio, Avellino, 28 aprile 1990.
"Il fascino del romanzo risiede nel discusso problema filosofico-scientifico del rapporto fra il corpo e la mente... L'intera storia è resa in un linguaggio magistrale, superbo." Da una recensione di Giampiero Galasso, docente di lettere antiche, archeologo, storico, autore di numerose pubblicazioni.
"...un felice esito narrativo. Romanzo con una forte struttura ideologica..., ...stimola e pungola il lettore." Giuria del Premio Letterario Santa Margherita Ligure, maggio 1990.
"...ha il dono inestimabile di "costringere" alla lettura fino all'ultima riga dell'ultima pagina... Le vicende si dipanano in una trama affascinante, quasi seducente, di parole e frasi e periodi che sembrano collegati dal senso profondo della "necessità" letteraria di uno stile personale ed originale." Giuria del Gran Premio Letterario Città di Roma, 5 dicembre 1990.
"Per
originalità di tesi, rigore metodologico, accuratezza stilistica,
organizzazione del racconto, evidenza figurativa dei personaggi, ritmo
ed estro linguistico... è una lettura che contagia. Il talento di
Da Pra, la sua vocazione, la sua inventiva, è combinare il razionale
e il misterioso, il reale e il virtuale, l'istante e il durevole, il cuore
e il calcolo... ...è uomo di cultura variegata e solida, una natura
mercuriale, curiosa, spregiudicata..." Pierangelo
Davite, dirigente del C.I., cultore di letteratura, su Bacherontius,
aprile 1991.
"Dopo Il
Velluto di Utrecht, romanzo di alto valore letterario, che precorre
i tempi di conquiste non impossibili in materia di trapianto di organi,
Dionisio Da Pra con questo Alla mia gatta piace Beethoven ci offre un altro
saggio della sua inventiva, movendosi ai confini della fantascienza.
"In
esso si narra di un elaboratore elettronico, Eufemio, che si spinge ben
oltre gli obiettivi prefissati dai programmatori per divenire, grazie alla
spiccata personalità, alle caratteristiche quasi umane, agli slanci
affettivi di cui è capace, il protagonista assoluto della vicenda
romanzesca.
"Il
linguaggio, avvincente e piacevole, si pone alla portata di tutti, benché
nulla abbia da invidiare ad un esperto di informatica
"Giuria del
Premio Internazionale Giovanni Gronchi, novembre 1991.
"Con una lingua
magmatica e feconda, Da Pra costruisce una storia di fantatecnologia che
diventa metafora di una condizione futura. L'attrito uomo-macchina, ancora
irrisolto, nonostante l'apparente fusione, viene attutito in questo testo
dalla lievità dello stile e dall'accattivante registro ironico che
alleggerisce la tensione." Premio
Internazionale E. Dickinson, novembre 1992.
Io, Maddalena?
"Io,
Maddalena?
sviluppa l'esiguo, ma compatto, nucleo tematico intorno all'intensa vicenda
di un "innamoramento estetico", inteso come inesausta ricerca di una dimensione
esistenziale e sentimentale stabile ed autentica. Si potrebbe definire
"romanzo di formazione", il cui progetto narrativo, dopo aver fatto oscillare
la tenue ed esile figura del protagonista tra slancio ideale e ardore dei
sensi, dominio di sé e della realtà e smarrimento esistenziale,
peraltro mai patetico o melodrammatico, solo in ultimo, nello scioglimento
definitivo, lo porta a raggiungere "il perfetto equilibrio dello spirito",
non dissimile dalla meravigliosa, quanto rara, virtù di "combinare
il razionale e il misterioso, il reale e il virtuale, l'istante e il durevole,
il cuore e il calcolo", che Pierangelo Davite riconosce a Dionisio Da Pra
e stima il più chiaro indizio del suo indubitabile talento di scrittore.
Tra i pregi stilistici del romanzo segnaliamo l'inesauribile forza espressiva
e psicagogica di una "lingua rutilante e feconda", tenuta a freno, tuttavia,
e posta al servizio di uno sviluppo pacato, limpido ed arioso della narrazione,
nonché il ricorso a un "accattivante registro ironico", sotteso,
discreto, ma quanto mai efficace nello smussare le più acuminate
punte della tensione erotica e sentimentale che accompagna e sostiene la
vicenda. Di particolare rilievo ci paiono, altresì, la competenza
terminologica e il rigore argomentativo che intessono le numerose riflessioni
di natura critica ed estetica, consostanziali alla vocazione artistica
del protagonista." Matteo
Veronesi, ‘94.
"...credo che i miei sintetici riferimenti bastino ad evidenziare i due aspetti fondamentali dell'opera di Da Pra, cioè la sua "letterarietà" - da intendersi non già come pedantesco sfoggio di erudizione, ma piuttosto come rara e lodevole consapevolezza, culturale e tecnica, delle modalità del "fare" letterario - e la sua vasta gamma di valenze simbolico-allusive, di cui si carica la fantastica vicenda del protagonista, un bambino "diverso", solitario ed incompreso, che nelle ultime pagine, dopo una fitta serie di mirabolanti avventure e di incontri inattesi ed enigmatici, ma tutti ugualmente deludenti, riesce a trovare nell'amicizia e nella solidarità la propria dimensione esistenziale..." Matteo Veronesi, ‘95.
"...In tutti i dialoghi e in molti luoghi del libro serpeggia una dolceamara ironia nei confronti dei nostri usi e costumi, delle nostre manie, delle abitudini di cui siamo più o meno consapevolmente schiavi: un po’ monello, un po’ anticonformista e un po’ saggio, Picchio Spada nelle sue peregrinazioni segue insomma i passaggi tipici dei cosiddetti "romanzi di formazione", alla fine dei quali i protagonisti scoprono d’essere divenuti individui diversi rispetto all’inizio. Merito dell’autore aver trasposto questo schema, caratteristico di certa narrativa "adulta", in un romanzo rivolto soprattutto ai più giovani, riuscendo però a renderlo godibile e accattivante anche per tutti coloro che volessero riflettere, sorridendo, sulle piccole assurdità e contraddizioni del nostro vivere "da grandi"."Giuliano Federici su La nuova Tribuna Letteraria, 4° trimestre ‘96.
"...Da un maestro del fantascientifico...
un intreccio di vicende, trattate con grande freschezza narrativa, più
propriamente sul versante del fantastico puro; e, salva la totale originalità
dell’opera, con agganci ad archetipi classici, com’è acutamente
notato in prefazione." Giuria
del Premio Internazionale Giovanni Gronchi, 10 novembre ‘96.
Tonga Tonga!
"Il testo [inedito]
primo classificato, "Tonga Tonga!" di Dionisio Da Pra, narra l'avventura
di cinque ragazzi che, dopo avere vinto, ciascuno all'interno del proprio
continente, un concorso indetto dall'UNESCO, si trovano insieme nelle isole
Tonga, o degli Amici, con l'impegno di costruire una capanna da erigere
a simbolo di unione fra i popoli.
"Nonostante
l'apparente semplicità della trama, la storia ha una tessitura complessa,
tale da poter costituire il godimento dei lettori colti e sensibili.
"Suggestiva,
vibrante di vita, abile nel trascinare in un'atmosfera magica è
la pittura d'ambiente, specie nelle pagine dedicate ad Africa e India.
Un incanto non dissimile esercitano i momenti in cui usi e costumi delle
terre d'origine ispirano le parole dei protagonisti e vengono evocati nei
minuti aspetti, con una accuratezza che si qualifica, in definitiva, come
la caratteristica fondamentale del libro stesso." Giuria
del Premio Città di Viareggio - Tavolozza di Carnevale ’95.
"...Si tratta di un libro scritto
secondo la miglior vena di Da Pra... La vicenda, affettuosa e festante,
ha - tra i molti pregi - la capacità di trattenersi al di qua di
qualsiasi (pur possibile) malinconia e di trasmettere un entusiasmo contagioso,
riguardo ai temi affrontati... Un’opera riuscita..., non mai ovvia o sdolcinata,
adatta a tutte le età..."
Giuliano Federici su La nuova Tribuna Letteraria, Anno VII N°
48 - 4° trimestre 1997.
L'INCUBO
DEL RITRATTISTA
(E ALTRI RACCONTI)
La raccolta, vera miscellanea di generi, accosta la narrazione realistica
alla favola moraleggiante, gl'incantamenti d'amore al dramma psicologico,
la sana concretezza alla follia irrimediabile. Il segno dell'arte, per
certi aspetti, unifica le storie poste agli estremi. La prima, la stessa
che detta il titolo complessivo, s'ispira con ampia licenza narrativa alle
esperienze di un pittore torinese, uso, nel mese di agosto, ad eseguire
ritratti a beneficio dei passanti sotto un fornice delle Porte Pretoriane
di Aosta; l'ultima, L'ibi,
ovvero il riscatto del peccatore fallito, ha
per scenario un angolo di Codigoro (FE), un ambiente che, seppure anomalo,
incredibile, esiste davvero, fatto rivivere con i suoi frequentatori, nel
rispetto delle psicologie (comprese le scelte artistiche, le abitudini,
gli atteggiamenti, i tic), ma, insieme con il piccolo cast
dei personaggi reali, posto al servizio di un intreccio romanzesco, drammatico
negli esiti, e di un intruso, plasmato
secondo le esigenze del copione.
.
Le altre pagine hanno contratto debito con la fantasia (si veda, ad esempio,),
benché debbano più che gli spiccioli all'esperienza quotidiana
e all'abitudine comune a chi racconta di mettersi nei panni altrui.