Pittura
d'autore.
Mi
arrabattavo a figurarmi, l'anno scorso, l'itinerario ideativo di un giovane
pittore torinese, Attilio Lauricella, che, salpato da feconde esperienze
figurative, spinto dall'entusiasmo e mantenuto in rotta da una cardinale
originalità, veleggiava nello scoglioso pelago dell'astrattismo,
con il timone ben saldo nelle mani e la prua diretta a chi sa quale felice
isola dell'arte.
Si
capiva che aveva già fatto scalo. Anzi, la sua più recente
produzione rivelava che tre approdi fortunati gli avevano riempito la cambusa.
Il primo dovette tenerlo a terra in lunghi amori con l'Idea, se è
vero che segnò la nascita di un suo linguaggio pittorico, libero
da ogni invadenza del mondo concreto. L'anticamera, di grande efficacia
sul piano non solo estetico, ebbe come riferimento oggettuale il circuito
stampato, ossia il cuore e l'anima dei computer. Alla seconda tappa, si
impose di rappresentare, con il ricorso a quel linguaggio, l'architettura
stessa del pensiero, vale a dire il fondamento e la sostanza innervante
dei suoi costrutti "ideografici". In ultimo, quando dar fondo all'ancora
pareva inevitabile, estese e affinò il lessico e la grammatica dell'immagine
per renderli idonei a esprimere la dinamica dei fatti interiori, l'attimo
sorgivo e il flusso dei pensieri, i processi logici, i lampi dell'intuito,
la girandola dei sentimenti e degli stati d'animo. Si sarebbe scommesso
che l'artista avesse, infine, incontrato l'estremo rifugio della fata Morgana,
l'atollo posto al centro dell'orizzonte.
La
sua rotta doveva invece proseguire. Nel tratto d'oceano che ora percorre,
il navigatore solitario ha intravisto l'Ogigia di Calipso, una Idea più
seducente, l'unica, vera Idea. Il suo credo artistico, si badi, non si
nutre di miraggi, ma di solide certezze, d'instancabili esplorazioni e
gli detta, da qualche tempo, grandi opere pittoriche, alcune ripartite
in due o tre fogli da accostare a piena parete. In esse, come nelle precedenti,
cercheremmo invano immagini riconducibili alle nostre abituali esperienze
visive. La sola continuità con il passato vi è costituita
dalla forza suggestionatrice del colore. Questo stende il suo dominio sull'intera
superficie compositiva, modula linee, aree, contorni, ora campito in bell'ordine,
ora orchestrato in sapienti tonalità, scomposto in arruffii giocosi,
steso in folgoranti zig-zag per indurre un'idea di movimento. Ogni segno
cromatico s'iscrive con rigida disciplina in un pentagramma ideativo, appena
scalfito, di quando in quando, dalla casualità del gesto meccanico.
L'insieme è accattivante e, al tempo stesso, concettoso quanto un
buon testo di filosofia. E proprio un filosofo, il grande Platone, può
offrire la chiave di lettura. Il Creatore del mondo non produce le cose
dal nulla - sostiene il fondatore dell'Accademia di Atene -, ma le plasma
nella materia tratta da un caos preesistente, esemplandole sui modelli
che vivono ab aeterno nella sfera delle forme, posta di là dal cielo.
Ogni esistente incarna la proiezione imperfetta di una forma ideale. Ora,
proviamo a rappresentarci il passaggio, soltanto immaginario, di quegli
archetipi dal loro sopramondo o iperuranio alla mente dell'Artefice. La
contaminazione con gli spazi esterni al chiuso universo che li ospita ne
corrompe la divina nitidezza. In aggiunta a ciò, quel moto traslatorio
con il quale comunicano il proprio essere alla realtà in fieri,
suscitata dal grande Demiurgo, li appaia ai fenomeni dinamici, li sottopone
a inevitabili effetti deformanti: essi si propongono alla nostra percezione
come righi fuggevoli di una partitura crittografica che nulla occulta al
sommo destinatario e gli ispira l'immane sinfonia della creazione. Costituiscono
le tavole fondamentali, il codice primigenio del nostro mondo sensibile
e, sebbene disegnino nel loro precosmico fluire profili astrali e magmatiche
morfologie, possono nascondere la loro inimitabile esemplarità sotto
apparenze più di arabesco e geroglifico che di matrice identificabile.
Soltanto uno sguardo insieme consapevole e trasognante, teso sugli oggetti
reali eppure retroflesso nell'inconscio, cristallino quanto una lente di
laboratorio, ma filtrato da oniriche perspicuità, ossia l'occhio
invidiabile dei poeti e degli artisti, può scendere sotto l'epidermide
delle cose e ritrovare nel loro intimo l'incontaminata bellezza, l'eterna
simmetria, le essenziali somiglianze e diversità, proprie delle
forme immutabili, e reinventarne quel richiamato accorrere al fiat demiurgico.
Il
prodigio si rinnova sugli spaziosi fogli che l'artista riempie dei suoi
messaggi. Vien da chiedersi se abbia incontrato l'isola felice.
<a href="http://arianna.iol.it">Ricerca
con Arianna</a>
<a href="http://www.virgilio.it">Ricerca con Virgilio</a>