La
forma di questo romanzo breve è quella del libro per bambini, dell'avventura
fiabesca, come linguaggio e come scelta di personaggi e situazioni. Ma
già il frontespizio, avvertendo che si tratta d'un "racconto per
tutte le età", mette sull'avviso e conferma - una volta di più
- come chi scrive per i più giovani scriva in realtà per
tutti: perché l'intento ha sempre scopi, in senso lato, morali e
la morale degli adulti non dovrebbe essere diversa (anche se troppo spesso
lo è…) da quella dei piccoli e piccolissimi.
Picchio Spada è un
bambino che, per un misterioso prodigio, cresce - non fisicamente, ma intellettivamente
- con incredibile rapidità: a tre settimane dalla nascita è
già indipendente, ben presto frequenta la scuola, e (va infatti
da sé che è parecchio incompreso e un poco ribelle) vagabonda
per i boschi, dove incontra animali parlanti, figure incantate, persino
gli extraterrestri.
In tutti i dialoghi e in molti
luoghi del libro serpeggia una dolceamara ironia nei confronti dei nostri
usi e costumi, delle nostre manie, delle abitudini di cui siamo più
o meno consapevolmente schiavi: un po' monello, un po' anticonformista
e un po' saggio, Picchio Spada nelle sue peregrinazioni segue, insomma,
i passaggi tipici dei cosiddetti "romanzi di formazione", alla fine dei
quali i protagonisti scoprono di essere divenuti individui diversi rispetto
all'inizio.
Merito dell'autore aver trasposto
questo schema, caratteristico di certa narrativa "adulta", in un romanzo
concepito a beneficio, innanzitutto, dei più giovani, reso tuttavia
godibile e accattivante altresì per tutti coloro che volessero riflettere,
sorridendo, sulle piccole assurdità e contraddizioni del nostro
vivere "da grandi".