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Di là dalle concertate armonie
La sapienza pittorica e le corde emotive di Guglielmo
Meltzeid
Ciascun’opera pittorica di Guglielmo
Meltzeid rappresenta il momento incantato di un sapiente quanto
costante esercizio, teso a imprigionare nelle
forme, nelle fibre cromatiche un riflesso del sentimento, del pathos che
la realtà assunta a protagonista della specifica rappresentazione
può ingenerare in un animo sensibile.
Si tratta, di volta
in volta, di un quid impalpabile che effonde
dai fedeli lineamenti di un paesaggio o del risalto concesso nel ritratto
ad elementi rivelatori quali l’occhio (lo sguardo di una bimba o di
una giovane donna o piuttosto la scintilla che promana dall’interiorità
e risplende in iridi, racchiuse da palpebre stellate) e la bocca nel suo
atteggiato dialogare con l’indole, lo stato di coscienza palesati
dallo “specchio dell’anima”. Su una campitura pressoché
uniforme, tenuta in sordina cromatica per dare evidenza al soggetto, può
costituirsi protagonista assoluto di un dipinto la fronte di una vecchia
locomotiva o il disteso fianco di una motocicletta. In entrambi i casi e
in altri consimili, il centro focale della raffigurazione è un oltre
rispetto alla rigida corrispondenza fotografica, un qualcosa che si vale
della messa in scena realistica per ammiccare alla memoria e costituirla
agente emotivo nella fruizione dell’opera.
Per giungere a tali esiti, occorre una padronanza dei mezzi tecnici priva
di tentennamenti, una duttilità del linguaggio pittorico tale da soddisfare,
in forza, altresì, di conquistati automatismi, le esigenze espressive
correlate ad una visione perspicace, cui si accompagni
la spontanea urgenza non solo di documentare, quanto piuttosto
di scorgere nel soggetto prescelto una sostanza per così dire universalizzante,
tale, addirittura, da costituirsi, più che in esempio, in metafora.
Un simile virtuosismo
espressivo, capace di creare nell’osservatore una reazione emotiva
istantanea, ben più profonda del semplice innamoramento estetico
che suscitano le concertate armonie, inclina
al rifiuto della ridondanza, a beneficio dell’ellissi più che
della sintesi, di un’assenza lontana dal vuoto, dal nulla, gravida
di una pulsante seduzione. Meltzeid ci offre
l’esempio di una pienezza “semantica”, cui, a buon titolo,
compete il termine di aura, di atmosfera, nata
e rimasta spoglia di elementi figurativi inessenziali rispetto al cuore della
rappresentazione pittorica, insieme tessuta dalla forza suggestionante del
soggetto portato sulla tela e dalle giustapposizioni mentali indotte nell’osservatore.
Essa prende il posto dell’ambientazione,
si accampa e si ritrama di continuo sull’interiore
schermo degli affetti e delle predilezioni. L’abitudine a guardare
dentro di sé, assistita da una nativa sensibilità psicologica,
ha condotto l’autore a sviluppare una sorta di coscienza oggettiva
che lo assimila ai poeti, nella quale ritrova i palpiti, gli incanti, gli
stupori, le emozioni appartenenti agli uomini non abbrutiti dalla vita.
Chiunque sappia
trarre dalla natura beneficio spirituale, ami le fattezze che si compongono
intorno ad occhi fascinosi, apprezzi le espressioni tangibili dell’ingegno
umano, della sua attitudine a produrre città, monumenti, ad applicare
molte delle ideazioni tecniche, sotto il segno della bellezza, sogni di
veleggiare su agili scafi, stringa amicizia anche con gli animali ed anzi
s’incanti davanti alla intensità
per nulla ferina dei loro sguardi, umidi di una serafica dolcezza, spesso
non dissimile da quella dei nostri bimbi (l’elenco potrebbe continuare),
nelle opere dell’ispirato Guglielmo ritrova, dunque, le proprie esperienze
non solo visive, tutte evocate con la sapienza pittorica e la sensibilità
sopra accennate, con quella capacità prodigiosa di travalicare
le barriere pur elastiche delle immagini definite.
L’antologia
critica che riguarda la produzione di Meltzeid
si compone di pagine dal tono elogiativo e dedica
spazio alla disamina di una creatività torrenziale, pronta
a tracimare dall’alveo dell’espressione pittorica e a spandere
un fertile limo nei più disparati territori dell’arte.
L’irrequietezza
e la vulcanicità del nostro
trovano indizio nella scelta di ben due atelier ufficiali, l’uno
sito a Portofino, in Salita San Giorgio n.° 8, l’altro a Pianezza
(TO), in Via Caduti per la libertà n.° 6.
Dionisio
Da Pra