IL VELLUTO Dl UTRECHT

"A me pare che, sia per il cervello ospitato che per il corpo ospitante, si prepari una avventura da capogiro." È una sensazione ricavata dal libro "Il Velluto di Utrecht".
  Certo… un'avventura da capogiro è offerta allo stesso lettore che si appresta a leggere il romanzo. Del resto è difficile anche per me che ho il compito di offrire una breve lettura critica del romanzo, narrare succintamente una storia in cui si orchestrano vicende, sentimenti, sensazioni, ragionamenti.
  Sì, ragionamenti, poiché questo è ancora uno dei pochi esempi di romanzo che non ti lascia indifferente, non si consuma dentro la semplicità o la complessità di una trama.
  Tutt'altro. Hai appena finito di leggerlo e sei mosso da un desiderio di rilettura, ti senti spinto a ricercare pagine che ti possano chiarire ulteriormente i mille andamenti del racconto.
  È un libro che certamente non riponi in libreria a far tappezzeria con tomi e volumi inutili. È lo stesso titolo che ti incuriosisce. Dalle prime pagine vorresti penetrare l'arcano di quel titolo, "Il Velluto di Utrecht", capire che è mai ciò che designa e perché si propone quale sintesi emblematica delle oltre trecento pagine.
  Non voglio affrontare la fatica di riassumere quanto è impossibile condensare in poche frasi. Allora mi sottraggo al compito gravoso di restituire la complessità del racconto, ponendo l'attenzione sul tema che lo suggerisce e di continuo lo sostiene. Anch'esso è da capogiro...
  Mi rendo conto di avere usato l'accetta dove occorreva lo scalpello, per mettere a nudo il nucleo della materia narrativa. Mi scuso del malgarbo principalmente con l'autore.
  Il suo sforzo non riceve testimonianza dalla mia brevità e sommarietà. A chi mi ascolta, tuttavia, penso di avere suggerito validi motivi per leggere il romanzo.
  Vorrei subito fugare un eventuale giudizio di pesantezza, giudizio che forse vi sarete fatti nel sentirmi: il "Velluto di Utrecht" è un romanzo di contenuti e dallo stile eccellente.
  Da Pra ha avuto il coraggio e, soprattutto, la padronanza di far sì che avesse una partitura con più ritmi.
  La scrittura, infatti, passa con naturalezza dai toni propri ora del romanzo erudito, ora del romanzo psicologico e sa prestarsi alla pittura d'ambiente quanto ai ritmi tipici del giallo. Il "Velluto di Utrecht" si confeziona così con una orchestrazione ampia, multiforme, con un variegato sound e parte da questi caratteri per imporsi con una forte identità e nettezza di stile. Traccia una via diversa, originale, che propone nuove sperimentazioni per uscire dalla perdurante crisi di idee della narrativa. Per certi versi prospetta i moderni tracciati del romanzo etico ovvero di una narrativa che voglia scampare al destino dell'usa e getta.
  Siamo, purtroppo, inondati da una produzione narrativa intenzionata unicamente a soddisfare il "consumo" della lettura, a riempire le soste ristrette, anch'esse esagitate, di persone che corrono soltanto.
  La creazione artistica, purtroppo, si è così banalizzata che non riesce più a fare scandalo… "Il Velluto di Utrecht" conserva la virtù, un tempo diffusa, oggi infrequente, rara, di far pensare.
  Vorrei anche sottolineare l'approccio non banale alle forme del racconto. Di fronte ad un tema così incombente, oggi si sarebbe potuto utilizzare la scorciatoia tipica dell'instant book: tener dietro al vortice di un'attualità che aspira (senza però riuscirvi) a divenire romanzo e pretendere, come spesso accade, di rispecchiarla in pagine dall'andamento narrativo e stilistico abborracciato.
  Per nostra fortuna, Da Pra è capace di utilizzare con spirito di romanziere la propria solida cultura filosofica, di elevarla a soggetto o di farne almeno la salda nervatura della vicenda narrativa...

Dalla presentazione di Paola Maccaglia