Dinamismo ed equilibrio

                                          [Articolo uscito nel marzo 2006 su "Contemporart"]  

La mostra organizzata dalla Regione Valle d’Aosta nella sede espositiva del Centro Saint-Bénin, per il periodo 26 novembre 2005 – 23 aprile 2006, offre all’attenzione del visitatore quaranta sculture ed altrettanti pastelli di Wolfgang Alexander Kossuth.

L’artista, nato nel 1947 a Pfronten, in Germania, vive e lavora a Milano. Il suo curriculum è sorprendente. Lo vede, infatti, progredire nella carriera di esecutore musicale, da violinista brillante a direttore d’orchestra nel tempio della lirica, ovvero alla Scala, ed abbandonare il prestigioso ruolo per dedicarsi alla scultura, ad un’arte più confacente ad esprimere la sua creatività. Nel giro di pochi anni, si afferma e riceve meritata accoglienza in numerosi musei italiani ed esteri. La fitta serie delle esposizioni dedicate alla sua opera costituisce un evidente indice del favore che gli riserbano pubblico e critica.

Va detto subito che W. A. Kossuth esprime la propria originalità con esultante scioltezza nei territori fecondi della tradizione classicistica. Per questa ragione, la sua scultura non desta perplessità, non spiazza il riguardante, ma lo rinfranca e, al tempo stesso, lo sorprende nel sottoporlo, rispetto all’attesa, ad un sovrappiù di emozioni estetiche. Nella sua opera sono rintracciabili, infatti, elementi formali che non connotano una sola epoca, non qualificano un gusto, una concezione del bello, imbalsamati in un tempo storico definito, ma, al contrario, sopravvivono in un continuum artistico, refrattario all’imperversare dei nuovi orientamenti, resistente «alla brutalità del non senso», come afferma l’autore stesso; riproposti, dicevamo, senza interruzione, seppure messi in ombra dalle mode, dai canoni, dalle poetiche prevalenti. Essi, ispirandosi ad un principio di ordine e armonia, appartengono alla cultura estetica della civiltà occidentale.

Kossuth alle sue figure di uomini e donne - non importa se scolpite in atteggiamento statico o dinamico - aggiunge la grazia. Sulle nudità, esibite in un olimpico rigore delle proporzioni, la morbida levigatezza delle superfici produce effetti luministici ed effonde, si direbbe, un’aura di virginale pudore. Sembra di trovarsi di fronte ad una umanità idealizzata e, al tempo stesso, non lontana da una esperienza visiva possibile. Di fatto, la rappresentazione realistica della figura trascende, nell’opera di Kossuth, i limiti del semplice “ricalco” anatomico e fisionomico per rappresentare, insieme con le posture, con l’atteggiarsi degli arti, dei muscoli, il disegno mentale che li preordina, lo stato d’animo e la consapevolezza che li accompagna, ovvero l’insieme dei moti interiori. In tal modo, dal modellato traspare l’essenza umana del personaggio, emerge l’identità custodita nel profondo. Non a caso, le ballerine autentiche o immaginarie, tersicori flessuose sino alla massima estenuazione della muscolatura, sospese, talvolta, nei più arditi ed aerei dei balzi acrobatici, libere per virtù d’arte dalle leggi della gravità, hanno ciascuna un nome che non intende associarle ad una figura di danza specifica, esemplificativa, la più idonea ad esaltarne l’eleganza, la tesa armonia del profilo, né servire all’anagrafe delle forme corporee o porre distinzione tra gli stili, le tecniche individuali, le scuole di provenienza, ma si propone di trarre in superficie il quid impalpabile che promana dall’interno e impronta l’espressione mimica, la particolare compostezza e plasticità delle membra.

Anche i ritratti scultorei, figure intere (i due metri e venti di Roberto Bolle colpiscono all’istante) o semplici teste a tutto tondo (si ammirino Alessandra Ferri o Giorgio Strehler), curati sino alla minuzia del segno, oltre a restituirci le sembianze di noti o addirittura immortali protagonisti della letteratura, della musica (Mozart, Paganini, Leonard Bernstein), dell’arte considerata nelle molteplici espressioni o mostrarci l’aspetto di giovani uomini e donne cari all’autore, ci introducono nell’animo, ci dischiudono pensieri, rivelano tratti interiori. Così vediamo, ad esempio, la mesta pensosità di Soldati, la vezzosità di Simona, l’ansia della perfezione e la consapevolezza di avere condotto ad una piena disciplina ogni energia fisica e mentale, proprie del ballerino che disegna il lieve passo del minuetto.

Oltre allo sguardo clinico, Kossuth esercita l’immaginazione, la facoltà associativa del pensiero e si rivela, pertanto, abile creatore di metafore, di sensi altri, alla cui esemplificazione scultorea piega la duttile maestria tecnica. Ottiene risultati di ardito virtuosismo, come, ad esempio, in “Tentazione” che ci mostra la donna Eva, intenta, quasi volesse metamorfosarsi in serpente, ad avvinghiare Adamo, a compenetrarlo, ostinata, mentre affonda tra le spalle di lui il capo - unica traccia ancora visibile il profilo sinistro e la chioma -, nel tendere con la mano destra, ormai alla cieca, verso la bocca riottosa dell’uomo il pomo emblematico; o in “Concezione”, raffigurata da una mano fecondatrice nel cui palmo siede una giovane compresa dell’evento, ben puntellata, con le braccia tese all’indietro, su due delle enormi dita offertele a libero sostegno.

Il voler descrivere ciascuna delle opere esposte ed accorparle per analogia tematica porterebbe ad infoltire i singoli capitoli e ad estendere l’elenco categorico di cui s’è fatto cenno. Anche la mitologia (Mercurio, Dafne, Adone, “Il fauno”) rivive in opere di forte suggestione, contrassegnate dall’originale cifra stilistica. È doveroso, per concludere senza infamia, segnalare almeno “Forze in equilibrio” (h. cm 280), “Massimo Murru – il salto”, “Il contorsionista”, “La ginnasta” “Serena”, “La lettrice” (in orizzontale equilibrio nient’altro che sul piede sinistro, flessa la gamba in modo che il tallone prema contro le natiche e le dita servano d’appoggio).

Non solo quelle menzionate, ma ogni singola scultura meriterebbe una propria scheda. Si è taciuto, purtroppo, dei pastelli, la cui qualità li eleva a perfetto corollario dell’attività artistica principale di Kossuth e basterebbe da sola a rendere l’autore degno di considerazione.

Dionisio Da Pra