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Luci ed ombre nel mondo dell’arte
di Dionisio Da
Pra
Mi si conceda
di esordire con una banalità. È il risultato complessivo o
almeno un periodo rilevante della sua produzione a determinare l’importanza
di un artista, salvo il caso di chi, tale risulterebbe
Picasso, sia
tenuto in conto di genio fin dalla nascita e, per conseguenza, si veda
attribuita a priori la nativa virtù di generare opere d’inarrivabile
altezza, di custodirne in qualche recesso della mente una pressoché
compiuta prefigurazione, sin dal primo vagito. Può, dunque, succedere,
grazie alla benignità del cielo, che il conclamato valore dell’opera
preceda la nascita della stessa. Nella pluralità
dei casi bisogna purtroppo attendere che l’artista in pectore si
esprima, prima che se ne possano rilevare i meriti.
Se la fortuna gli arride, la critica lo riverisce e il mercato
lo premia.
Ora, s’impone
una domanda. È presumibile che un mostro di bravura non conosca cedimenti
di sorta? In altre parole: la sua produzione riesce a mantenersi ad un
livello di eccellenza oppure è soggetta
a scadere, di quando in quando, sino a precipitare addirittura nell’insignificante?
L’autore
tenuto sugli scudi della critica viene deificato.
Si fatica, di conseguenza, ad immaginare che dalle sue mani benedette possa
uscire alcunché d’indegno del talento
avuto in sorte. Insomma, sopravviene un vero e proprio ribaltamento della
condizione iniziale. Non l’opera fa grande il nome, ma il
nome l’opera. Questo fenomeno è generalizzato. Si
tratta di una forma di feticismo che porta nelle case
dipinti senza dignità e abbassa il livello qualitativo
delle collezioni. Non solo. La diffusa riverenza di fronte alla firma,
insieme con i risvolti speculativi che l’appetenza
del mercato ingenera, crea il terreno favorevole alla proliferazione di
opere false. L’esistenza di queste, se non fosse
per l’occultamento truffaldino dell’officina da cui provengono
e il loro prezzo di vendita, non inferiore alle quotazioni degli originali
(come, altrimenti, perfezionare l’inganno?), porterebbe beneficio
alle persone desiderose di acquisire, al solo scopo di trarne godimento spirituale,
pitture, innanzi tutto, che esemplifichino in modo apprezzabile l’arte
dei maestri prediletti. Non mancano autori che autenticano imitazioni
ben eseguite e disconoscono, al contrario, qualche loro
esito non ritenuto degno di rappresentarli.
Alcuni falsari,
assistiti da una perspicace capacità di
analisi e da un’abilità tecnica di
prim’ ordine, sanno penetrare nei meccanismi formativi
dell’arte altrui, al punto di fare propria l’ispirazione, la
poetica, il linguaggio anche dei maestri più inventivi e complessi.
Può succedere, allora, che il falso riunisca e componga in un assetto
addirittura glorioso gli elementi caratterizzanti di una cifra stilistica
e presenti, va da sé, un tasso di autenticità
più elevato rispetto ad alcune opere “autografe”, prive
di nerbo ed estranee allo storicizzato percorso artistico dell’autore.
Capita, inoltre, che un qualche artefice di nuovi
linguaggi artistici possegga i mezzi espressivi in misura appena adeguata
a rendere palese l’originalità che lo colloca sul piedistallo
. In questi casi, il contraffattore può incappare nella trappola
costituita dalla sua magistrale padronanza delle tecniche. Lo denuncia,
in tal caso, proprio il mancato controllo o l’insufficiente mortificazione
della sua abilità.
Si parla qui,
ribadisco, non di copie, talvolta gabellate per
repliche dell’autore, ma di opere inedite che, in virtù della
perfetta corrispondenza tematico-stilistica
, s’inseriscono nel ventaglio di una specifica produzione.
Quanto ai copisti - apriamo una parentesi -, essi svolgono un ruolo di
straordinaria importanza. Alla loro nobile schiatta appartengono
anche autodidatti volonterosi. Questi possono scegliere, quali maestri,
tra i grandi artisti d’ogni tempo e, muniti della semplice attrezzatura
attitudinale, trarre beneficio da un insegnamento che si affida alla didattica
dell’esempio alto, autorevole. Spetta alla creatività personale
aggiungere il quid che libera dalle pastoie
dell’imitazione pedissequa e rende strumentale la conoscenza acquisita
dei mezzi espressivi. L’arte, per suo indefettibile “statuto”,
non può ridursi a nudo mestiere, a semplice manualità, per
quanto eccellente e meritevole sia
quest’ ultima. Non mancano artisti che, oggi persino con l’ausilio
del computer, abbozzano l’opera e ne affidano
ad altri l’esecuzione materiale. L’autenticità
viene così salvaguardata.
Tra i falsari
d’ogni tempo campeggia l’olandese Hans
van Meegeren
che, mosso da spirito vendicativo nei riguardi della critica ufficiale,
colpevole, a suo giudizio, di reputarlo un pittore mediocre, indusse esperti
insigni e accorti collezionisti nell’errore di attribuire i suoi
ricalchi stilistici di Vermeer al pennello
del grande, quanto venerato, maestro.
Un sorridente omaggio meritano i personaggi
che imitano senza malizia, per amore e ammirazione, come accadde, a quanto
sembra, ad alcuni amici di Van
Gogh , portati a vedere nella sua pittura un tratto imprescindibile
della sua fascinosa personalità.