Dinamica delle forme e degli stati d'animo nelle tele di
Bice Ferraresi
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La pittrice faentina espone, dall'11 al 20 aprile, ad Aosta, nella saletta d'arte di via Xavier de Maistre. Il titolo generale della mostra, di ascendenza letteraria (con un accostamento ideale più che a Kafka, a Ovidio e Apuleio), Metamorfosi 2, riveste, in virtù del numero cardinale, un significato programmatico e illustra la continuità e, insieme, il rinnovamento di un discorso pittorico, rivelato negli esiti più recenti, in un sentore di vernice fresca.

Va detto che il senso delle opere si rifiuta alla prima impressione. Occorre attendere che l'occhio perfezioni i suoi adattamenti e isoli nell'anarchia apparente delle figurazioni e dei colori un'immagine riconoscibile, un riferimento colto o un accenno di realtà. Si scopre, allora, che il disordine è appena una velatura, un fingimento, un artificio espressivo; che i grumi, le escrescenze, le smorfie cromatiche, la pennellata munta fino all'estrema allumacatura, svigorita in una fittizia ribellione alla regola - come fosse intesa a suggerire quanto di casuale, di arbitrario inerisca alle stesse forme rigidamente determinate -, hanno obbedito a una rigida disciplina, a un progetto che si vale di moduli pittorici impervi alla percezione dell'insieme e realizza l'assunto tematico attraverso il concerto o l'attrito dei particolari, diciamo la dialettica del frammento. La tecnica usata si pone, quindi, agli antipodi del teorema impressionistico. L'artista rielabora le immagini con le quali il sapere si archivia nella memoria, dove un segno appena scolpito è germe di un universo; accosta spezzate istantanee che hanno coagulato nei profili delle cose le nostre risposte interiori e compongono il mosaico variabile dell'esperienza, il caleidoscopio della sensibilità. Intende rappresentare le ininterrotte metamorfosi dell'Io, della coscienza. Nelle sue composizioni trovano specchio ricordi, sentimenti, stati d'animo, conflitti interiori, istinti ridesti, miti rivisitati, irruzioni dell'attualità, ma pure brandelli di sogni e fantasie col loro pentagramma di emozioni. Il movimento più che nelle cose è dentro di noi. La trasformazione riguarda la nostra suscettività. La Ferraresi con quel suo dissezionare ci turba e, insieme, ci acquieta. Vediamo nel grande bisturi che brandisce fuori della tela in attesa di affondarlo ancora, senza posa, nei tessuti connettivi del nostro essere la metafora di un inappagamento conoscitivo, di una costante ricerca dell'inedito e di ogni possibile intersezione fra il reale e l'immaginario. Le chiavi di lettura sono offerte, in apparenza, dalla specificità dei titoli apposti alle singole opere, ma potrebbero affidarsi all'arbitrio dell'osservatore. Arbitrio condizionato. La convergenza di quel molteplice compone, infatti, l'immagine della vita stessa; il rapporto associativo è il tendine manifesto che lega in una rigorosa sintassi, vicina al comune sentire, ogni squarcio veristico, minimo segnacolo, effigie dimezzata, parvenza appena rintracciabile. La trasposizione in concetti e l'aggancio a più feconde simbologie riguardano il metabolismo intellettuale di ciascuno. L'arte, infatti, non impone né codici né ricettari.

Dionisio Da Pra (Aprile 1989)

 
 
 
 
 
 

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