Appena
ci si accosta a una tavola del pittore catalano Español Viñas,
prima che la coscienza estetica, diciamo l'istinto ben educato del visitatore
di mostre e gallerie, si disponga ad avviare una qualche tessitura della
memoria, si prova un senso di interiore appagamento, come all'incontro
con una realtà conclusa, nel cui orizzonte il vero e il falso, il
concreto e l'illusorio, l'assurdo e il razionale si disincarnano e liberano
una sola, comune essenza emotiva. Si genera l'attimo sospeso dell'evasione
profonda, assoluta. È il miracolo dell'arte. Viñas lo compie,
lo replica, ora, con il ricorso a un minimo repertorio di chiazze, strie,
colature, orchestrate sul pentagramma di un magico estetismo (si vedano
le opere prodotte a cavallo degli anni '60), ora, attraverso la suggestione
di neri profili abbozzati su rosse campiture (anni '70) o, ancora, mettendo
in essere uno schematico assemblaggio di rettangoli e quadrati, che ha
disegno di corpo umano e si guarnisce - chiaro è l'intento parodistico
- di sesquipedali mostrine e fluenti decorazioni (anni '80). È,
quest'ultima, la pittura che meglio caratterizza la poetica di Viñas
e ne evidenza l'originalità. Reca sulla ribalta - e, sottilmente,
mette alla gogna - una sequela di generali, di tracotanti marionette che
illustrano l'insipienza, la stupidità, la miseria interiore, la
prosopopea di troppi registi dei nostri destini. L'essenzialità
delle forme, il loro ben impaginato geometrismo che è inteso a ridurre
i lasciti della storia e il palcoscenico del quotidiano a un euritmico
articolarsi di figure elementari e si consegna a un inesausto confronto
dialettico tra due sole note di colore, il rosso e il nero, producono lo
stesso effetto di eleganza e di estrema comunicatività che può
assumere la rappresentazione grafico-cromatica del teorema di Pitagora.
Qualche presenza di
carabineiros - anch'essi geometrizzati, non
per caricatura, ma perché‚ denuncino la perdita dell'anima, la loro
indole d'inflessibili robot -, è il solo indizio di cicatrici ancora
dolorose. Il riferimento alla Spagna divisa e martirizzata degli anni recenti
acquista, in definitiva, autorità di paradigma. Lungo i meridiani
recitano, infatti, ogni giorno, la stoltezza e la perfidia del potere.
Augustin scuote la testa. Ha lenito i bruciori, medicato le ferite. Traguarda
di là dal tempo. Si rivela un moralista, un saggio preso per mano
dalla nostalgia di antichi valori, degni di essere recuperati. Si scopra,
ad esempio, quale profondo insegnamento traspare dalla sua rappresentazione
di una famiglia riunita intorno al desco. L'immaginaria didascalia non
si appiattisce e ridicolizza in un trito ammonimento predicatorio contro
le disgregazioni imputabili al consumismo. Propone semmai il recupero spirituale
della povertà. Nell'orditura pittorica dai pochi segni e dal colore
parsimonioso si acquatta, non un pedante raccoglitore di massime, ma un
filosofo armato di cannocchiale. Ogni singola opera si disegna, in definitiva,
come un piccolo universo in cui istanza etica, carica emozionale, scelta
e denuncia ideologica, speranza e nostalgia trovano la misura di un comune
equilibrio e si risolvono - come si avverte, fin dall'approccio acritico
- in mera espressione d'arte. La sobrietà dei mezzi pittorici ha
matrice in unaeccellente capacità
di sintesi e costituisce l'esito felice di una scarnificazione stilistica,
perseguita nel confronto ininterrotto con le più fertili esperienze
dell'arte contemporanea. Il Pollock di "Grigiore sull'oceano" (opera del
'53) non è lontano nel tempo, nell'ispirazione, nell'uso del linguaggio
pittorico dall'Augustin che nel '58 realizza Impatto, una tecnica
mista. Klee non confuterebbe certi accostamenti al suo "Morte e fuoco"
del '60 e Auguste Herbin accoglierebbe nella galleria personale Due
lacrime, ancora una tecnica mista, concepita da Augustin nel '66. Possiamo
immaginare un Kandinskij redivivo che appone la sua firma sull'ennesima
tecnica mista del Catalano, I pesci, dell'82-88. Si tratta di consonanze
che testimoniano di una comune appartenenza alla repubblica dell'arte.
Augustin Español Viñas è, dunque, ben calato nel nostro
tempo. Ha messo in pronto, mentre era in viaggio sui lunghi, intrecciati
percorsi, un suo modulo espressivo - evidente, come si è visto,
nella serie dei personaggi -, una cifra inconfondibile che gli merita sulla
scena affollata della pittura un ruolo autorevole e ben definito.
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