Di
là dagli spazi siderali e ritorno
L’iperuranio, l’universo e l’Uomo nell’opera
di Emil
Ciocoiu
Dionisio Da Pra
Pochi hanno beneficiato
di una misteriosa esperienza riservata ai mistici e ai pertinaci investigatori
della verità, chiamati a protendere lo sguardo verso il lume divino.
Il volto del Creatore sprigiona, invero, una luce soverchiante
rispetto alla facoltà concessa alla mente umana di sopportarla
in stato di veglia. La memoria, di conseguenza, si rivela incapace di contenere
il chiaro ricordo dello straordinario accadimento, ossia di evocare il
fulminante splendore della divinità; conserva al massimo un barlume
della beatitudine generata dalla visione, quando non le
accada di annaspare nell’oblio, quasi cercasse la traccia di
un sogno cancellato dal risveglio.
Sembra che anche
Ciocoiu possa dire, come l’autore
de
Premettiamo che
non intende offrirci una prova ontologica dell’esistenza di Dio.
Fa suo un interrogativo che interminabili generazioni
di uomini si sono tramandato ed intere moltitudini hanno convertito
in una fiduciosa certezza. Non si può altrimenti spiegare la sua
pittura, la sua ostinazione nel volerci rendere partecipi di un viaggio
interiore che rifiuta di arrestarsi alla soglia dell’inconoscibile.
Del resto, per
rendere afferrabile un concetto, spesso lo traduciamo in immagini. L’immagine,
inutile dire, non è il concetto, ma una sua proiezione, un suo ricalco
sensibile. Per molti può costituire una tappa
significativa o addirittura indispensabile nel percorso che introduce
all’eccitante esercizio del pensiero astratto. Deve perdere, tuttavia,
i contorni troppo rigidi, rappresentare quanto meno possibile la cosa concreta
e alludere all’idea, all’impalpabile che alimenta la speculazione
filosofica.
Ciocoiu, dunque, accantona le forme usuali, le esangui geometrie
della quotidianità e si spinge a ritroso nel tempo, dentro gli interminabili
spazi delle galassie sino agli ardenti vortici della materia nascente,
i primi bagliori siderali, determinato a forzare la barriera che ostacola
l’incontro con l’assoluto da cui trae origine tutto. Non esiste
macchina del tempo che possa competere con il
cervello di uno spirito creativo. Il viaggio virtuale del nostro procede
fuori da rigidi tracciati, per balzi imprevedibili
che, tuttavia, ogni volta, portano al Big Bang, a un passo dal
fiat biblico e affacciano su visioni di straordinaria suggestione pittorica.
I titoli di molte opere non lasciano dubbi riguardo
alle intenzioni espressive di Ciocoiu e alla
meta che egli si prefigge: rendono evidente come l’autore nel corso
della sua missione di astronauta metafisico non ricerchi nuovi mondi, altre
galassie, ma qualcosa di grandioso che ammaestri la coscienza. Ecco, allora,
spiegata la messa in cantiere di una pittura che si propone
di spalancare orizzonti pervasi di spiritualità, sebbene godibili
sul piano del risultato estetico, anche da parte di quanti addestrano lo
sguardo a cogliere la sola bellezza materiale.
Ha trovato,
Ciocoiu, il raggio che cercava? A giudicare da alcune opere, quali,
ad esempio, Anfiteatro della speranza, Comprensione
, Anfiteatro della pace, ed ancor più dal ciclo
dedicato a l’
Uomo e le Religioni, sembrerebbe di sì. Egli fa consistere
la manifestazione pittorica del lume divino, generatore di pace e
di armonia, in una luce diffusa, uniforme, pallida per non voler
essere accecante, che avvolge con il suo pressoché impalpabile velo
protettivo il mondo e l’umanità.
Sa bene e da
parecchio, non lasciamoci ingannare, che il varco fra materia e spirito non
si trova nei remoti confini dell’universo, ma è qui, su questa
nostra terra, in mezzo a noi, anzi dentro a ciascuno
di noi.
Ora,
Ciocoiu non esercita la professione di teologo, ma di pittore
dominato dalla necessità di portare sulla scena le sue avvampanti
fantasie, di ripercorrere, a nostro beneficio, le immaginarie rotte celesti.
Le sue escursioni pittoriche tra le meraviglie pirotecniche del creato
lo appassionano quanto le pacate riflessioni
sulla civiltà degli uomini che abbracciano con animo puro una fede
e ne ricevono una stessa luce unificatrice, ne traggono una comune linfa
spirituale, nonostante la diversità fra i credi e i simboli celebrati.
Le prime, tuttavia,
molto più che le seconde, gli consentono di
mettere in evidenza una rara abilità nel trasmettere emozioni
e creare sulla tela l’illusione del movimento continuo. Questo virtuosismo
mirato si esprime con il ricorso ad una tavolozza magmatica che effonde,
su velature giustapposte, stille, schizzi, rivi, solari flussi e concertate
macchie di colore o riversa nei tratti di focale intensità “drammatica”
la pienezza del vigore cromatico.
Avviene con
grande frequenza che ai progetti interiori non corrispondano gli
esiti. Risparmiato da tale malasorte, Ciocoiu
rappresenta un caso paradigmatico. Egli appartiene
alla esigua categoria di artisti che optano per un impegno arduo
e solitario, ma riescono ad offrirci attraverso l’opera un
rispecchiamento adeguato, delle loro idealità.