Aborto sì, aborto no.

Le tesi contrapposte che gabbano per conoscenza scientifica  la presunzione dei sostenitori dell’una e dell’altra di sapere  quando la vita del concepito acquista dignità umana non riescono a  nascondere il vizio iniziale; denunciano, oltretutto, per l’infondatezza  delle premesse da cui muovono, un difetto di razionalità. Nascono da una intenzione mistificatoria, in quanto precostituite. Fingiamo di considerarle  ipotesi. Come tali, dovrebbero suggerire posizioni possibiliste. La fede cristiana non vieta di sostenere che l’embrione è il germe del composto umano, costituito di anima e corpo, in cui l’anima, al momento, è, per così dire, dormiente, in attesa di potersi esprimere in un corpo sufficientemente formato. Per contro, il non credente assoluto si autorizza a negare l’esistenza dell’anima, a sostenere che il feto beneficia al più di una vita animale allo stato latente, indegna di un qualche apprezzamento, e che il destino di quel grumo di carne rientra, pertanto, nella sfera del libero arbitrio di chi lo porta in grembo.
     Proviamo a portare l’attenzione non sulla condizione  attuale    dell’embrione o del feto, ma sul loro possibile divenire. Chiediamoci,     allora, che cosa sono in potenza. Innumerevoli personaggi cui dobbiamo la    nostra civiltà e il nostro benessere hanno compiuto lo stesso silente    percorso sfociato in una fertile esistenza. Anche Hitler, si potrebbe obiettare,    ha atteso con pazienza la sua venuta alla luce nel limbo del ventre materno.    D’accordo. Però, chi può escludere che gli anonimi palpiti    di un feto o di un embrione preludano alla nascita di un benefattore dell’umanità.    Se così è, a chi appartiene la creatura incompiuta, alla donna    che l'ha concepita, oppure al consorzio umano? Chi può arrogarsi  il diritto di sopprimere un’esistenza che, in definitiva, è un progetto di vita di cui nulla sappiamo? Un progetto di vita sublima lo stato attuale. Peccato, esclamerà qualcuno, che un aborto non abbia tolto Hitler dalla scena del mondo, lasciandoci persuasi della impossibilità    che possano esistere simili mostri. E se l’umanità avesse perso    gli embrioni destinati a diventare Dante, Leonardo, Einstein, Beethoven?  Si continui l’elenco. Chi dubitasse che in un determinato ambiente e condizione familiare possa sorgere un novello Michelangelo, un Fleming, un Pasteur, oppure lo scienziato capace di sconfiggere ogni genere di tumore,  è immemore delle sorprese che la Storia ci riserba.
    Il ragionamento fin qui condotto ha una chiara impronta  utilitaristica   e non tiene conto delle prognosi infauste. Vale quale spunto per riflessioni   meno partigiane. Non ci si illuda: l’”abortismo” preconcetto   non è  per sua natura scalfibile.

Dionisio Da Pra